Capalbio

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Cosa vedere a Capalbio? Per una volta la domanda è mal posta: “cosa vivere a Capalbio” è più corretto perché nel Comune di Capalbio c’è il respiro tranquillo del tempo: il tempo per il mare e le spiagge di Capalbio, il tempo per immergersi nella Capalbio dei libri, nella Capalbio del Cinema d’autore… ancora il tempo protagonista, quello che scorre sempre fra gli stessi anfratti e le stesse pietre del suo Borgo del Trecento, immagini di Capalbio che sono fascino di Maremma Toscana e che hanno fatto da catalizzatore affinchè altri, venuti da fuori, realizzassero qui, ad esempio, in questa Capalbio a tratti misteriosa un’opera che, in questo senso, le appartiene più di ogni altra: il Giardino dei Tarocchi.

Per visitare Capalbio, questa meravigliosa cittadina all’estremo sud della Toscana in provincia di Grosseto, dovete fare così: partire dalla fine. Diversamente il rischio è di fermarsi in una delle macchine del tempo costruite a Capalbio dalla natura e dalla storia e rimanervi, fermi lì, emozionati.

Eccoci allora al Giardino dei Tarocchi, ultima nel tempo fra le meraviglie capalbiesi. Meraviglia sì ma anche luogo fonte di pareri controversi, un parco artistico posto su due ettari sul versante sud della collina di Garavicchio, quasi 7 Km a sud-est dal borgo principale. Voluto, ideato e realizzato dal 1979 dall’artista francese, scultrice e pittrice, Niki de Saint Phalle. Nata nell’Ile de France nel 1930 ma vissuta prevalentemente negli USA, Niki ha costruito un Giardino che è molto di più di un già di per se impegnativo testamento artistico, è lui stesso arte. Contiene, tra percorsi esoterici ed ambientazioni pop, ventidue sculture gigantesche, alcune abitabili, immerse nel verde della macchia maremmana, colorate ed ispirate al mondo dei tarocchi. Queste opere nell’opera sono il risultato della genialità di un artista che scelse Capalbio e la Maremma Toscana per la sua arte. Il Giardino dei Tarocchi nascerà nel tempo, tutto comincia nel 1979 e si concluderà solo nel 2002 con la morte di Niki, è aperto al pubblico dal 1998 ed è una porzione del percorso culturale toscano alla quale gli estimatori del genere non possono assolutamente rinunciare.

Se pensate che per parlare della storia di Capalbio si parta dal solito Longobardo di turno e dal conseguente fiorire del suo borgo medioevale vi sbagliate, questa volta Toscanainside vi manda ancora più indietro nel tempo. Siamo nel 273 a.c. ed i romani fondano sulle colline fra il lago di Burano, Ansedonia e appunto l’odierna Capalbio la colonia latina di Cosa, il territorio sopra citato è denominato Valle d’Oro. Inizialmente il tutto viene suddiviso dai romani in piccoli appezzamenti ma già verso il I secolo a.c. si ipotizza che i 1400 ettari della Valle d’oro fossero stati accaparrati daalmeno undici ville patrizie. Quando diciamo Ville si intende che questi signorotti di oltre 2200 anni fa costruirono proprio delle Ville di vastissime dimensioni nelle quali soggiornavano anche i loro sottoposti, lavoratori e schiavi, lì si produceva prevalentemente vino ed olio destinato alla esportazione via mare. Diverse di queste Ville sono tutt’ora oggetto di scavi e studi perché racchiudono un patrimonio di informazioni notevole, fra queste ce ne sono di visitabili, due di queste alla portata veramente di tutti.

La vostra visita a Capalbio si fa “romana” e la prima della sue magioni è visibile anche dalla Aurelia, se provenite da lì, all’altezza del bivio per la frazione capalbiese di Giardino, si sale sulla Pedemontana e presto incontrate i resti della villa denominata “Sughereto di Ballantino”, bellissime e ben conservate le sue torrette. Risalite verso località Giardino ed il colle Settefinestre e qui trovate la seconda Villa che prende il nome dal colle stesso e che, datata I secolo a.c., era di proprietà della famiglia senatoriale dei Sestii. La Villa di Settefinestre è in ottimo stato di conservazione, vista l’età, ed una delle più vaste ritrovate, circa 30.000 mq, una vera cittadina; si parte dai suoi pesanti contrafforti e si sale per i terrazzamenti, si passa fra porticati ed arcate, corridoi e mosaici, gli attrezzi e macchinari ritrovati, atti alla produzione di olio e vino, hanno dato moltissime spiegazioni sulle attività agricole dell’epoca e sulle sue tecniche. La Villa di Settefinestre è oggetto di ricerche da parte di tutte le Università toscane, in particolare quella di Siena, e della British Academy di Londra. Qui davvero non potete mancare.

Cosa e Valle d’Oro va bene ma la prima citazione di Capalbio si farebbe risalire all’anno 805 d.c. in un testo dove Carlo Magno cita la donazione ai monaci delle Tre Fontane dell’agro di Cosa (ritorna il nome romano) e cita fra le località proprio la nostra Capalbio. Alcuni non sono certi che in quel carteggio di Carlo Magno ci si riferisca davvero alla nostra bellissima località ma il passaggio ai domini della Chiesa è davvero confermato in un documento del 1161 e lì sul fatto che sia la nostra Capalbio la protagonista non ci sono dubbi.

La posizione strategica di Capalbio, porto di mare ed anche collina di controllo sulla bassa maremma toscana, regalano alla località un Duecento di contesa fra senesi ed orvietani fino al 1300 quando Capalbio diventa dominio stabile del conte Mangiante di Messer Ranieri il quale si fa proteggere da Siena. Orvieto prova a rompere il dominio ma, fra il 1339 ed il 1343, è la famiglia degli Aldobrandeschi che prende il sopravvento per cederlo nel 1358 agli Orsini, gli stessi di Pitigliano e Sovana. Nel 1410 la Repubblica di Siena si prende definitivamente Capalbio con un patto di sottomissione che viene ufficializzato il 17 settembre del 1416. Sei anni dopo, chi va piano va sano e va lontano.

Con la dominazione senese Capalbio ha un periodo di vera prosperità e crescita, in molte occasione Siena dimostra di tenere molto alla località maremmana e Capalbio diventa allora un problema di carte bollate!! Più volte viene rivendicata da Signori e Cardinali, Frati e Condottieri come nel 1452 quando è l’Abate Angelo del Monastero Tre Fontane rivendica i possedimenti del 1161, perde la causa ma la ripresenta nel 1459. Perde ancora. Nel 1464 tentano di metterci le mani i capi di Orbetello, per conto di Orvieto, altre carte bollate che non danno esito. I più duri di comprendonio fra tutti sono i frati del Tre Fontane, fanno causa a Siena per riavere Capalbio a mezzo del loro Abate Erulo nel 1466, poi sempre gli stessi frati nel 1467, nel 1468, nel 1475 ed ancora nel 1476. Una selva incredibile di carte bollate che rende inspiegabile come Capalbio sia diventata oggi un grande centro culturale e non la patria di tutti gli avvocati.

Il Cinquecento di Capalbio è florido e ricco fino a che, siamo nell’Aprile del 1555, gli Spagnoli conquistano Siena con annessi e connessi; fatta razzia questi cedono il tutto a Cosimo I de Medici e la grande casata fiorentina prende possesso anche di Capalbio che cade piano piano prima in disgrazia e nel sostanziale anonimato poi. Nel Settecento sarà parte dello Stato dei Presidi, che non è cosa buona, e nell’Ottocento, esattamente nel 1842, sarà accorpata al Comune di Orbetello. Riacquisterà propria autonomia amministrativa solo nel 1960.

L’Ottocento di Capalbio si chiama Regno d’Italia ma anche banditismo e quello del maremmano è particolarmente noto, feroce ma anche leggendario. Capalbio è terra di banditi ma ne diventa quasi capitale nella notte del 24 ottobre 1896 quando nelle sue campagne viene ucciso durante un tentativo di cattura il più noto bandito della Maremma toscana: Domenico Tiburzi detto Domenichino. Nota al mondo è la foto del bandito ritratto apparentemente in piedi al momento della cattura in verità morto e con gli stecchini per tenere aperti gli occhi, legato in posizione eretta ad una colonna del cimitero di Capalbio. Evidentemente una volta si faceva così.

Oggi Capalbio è località per VIP, frequentata da un turismo di elite fatto di attori e politici, noti giornalisti e autorevoli scrittori, sono seminati fra le splendide ville con piscina sparse con intelligenza sul territorio, si incontrano sotto gli ombrelloni di Ultima Spiaggia o di Macchiatonda, ovvero Capalbio e le sue spiagge, si ritrovano nei rinomanti ristoranti della sua campagna e del borgo antico o agli appuntamenti più diversi che copiosi vivono Capalbio soprattutto nelle stagioni calde e soleggiate. Un turismo riconosciuto che ha ampliato, se necessario, la nomea di questa località di confine estremo della Toscana a due ore scarse da Roma.

Capalbio ha dodici chilometri di spiaggia, sei di questi sono spiaggia libera, tutti circondati dalla larghissima, folta ed intrigante macchia mediterranea maremmana, su questi dodici chilometri ci sono solo tre accessi al mare. La sabbia è piacevolmente mutevole e passa dagli spazi dove è fine a quelli dove è ferrosa e nera, il mare è terso e pulito e vale a Capalbio i massimi riconoscimenti dalle istituzione ispettive sulla bellezza dei mari e del territorio costiero. 

Tutta la storia che è stata raccontata è pienamente racchiusa, dagli Aldobrandeschi passando per il dominio senese fino alle ultime sistemazioni dell’Ottocento, nel piccolo ma magico centro storico del borgo di Capalbio. Ecco il centro di Capalbio, spazi lastricati e medioevali racchiusi fra mura del Quattrocento sopra le quali si può passeggiare e godere di bellissimi panorami. Dentro le mura, meglio accedere da Porta Senese sul lato orientale, bella con torre ed orologio ad attenderci, si sale e si scende nel gioco dei palazzi disposti concentrici, poi si arriva su Via Lazzerini alla Chiesa di San Nicola. Datata XII secolo San Nicola è ricca di numerosi affreschi di scuola senese (del Trecento) e di scuola umbra (del Quattrocento). Poco più avanti la Rocca Aldobrandesca imponente nel suo ultimo restauro ottocentesco voluto da uno dei notabili più conosciuti di Toscana, Giovanni Battista Collacchioni, fautore del passaggio del Granducato di Toscana al Regno d’Italia. Dall’interno del Palazzo si può andare sulla torre che sovrasta tutto il Borgo. Infine Piazza Magenta, tanto lo sappiamo che tutti venite a Capalbio per questo Borgo nel Borgo: Piazza Magenta appunto. Un angolo di Capalbio raccolto ed affascinante, guarnito dai suoi abitanti spesso con suggestivi consigli floreali, Piazza Magenta è uno spigolo di Capalbio che trasuda di storia e di emozioni. Bellissimo, andateci e, se potete, sedetevi sulle scalette. Restate lì, un po’.

Ci sono altre due cose nei dintorni, postazioni marittime a parte, che dovete assolutamente andare a visitare.

Prima di tutto il Castello di Tricosto detto Capalbiaccio. Come arrivare? Tornate alla frazione di Giardino, siete sei chilometri a sud-ovest di Capalbio, seguite la strada sterrata sul colle davanti a voi, volendo è una bella passeggiata. Capalbiaccio risale al XII secolo e segue ovviamente la storia di Capalbio, prima era dei frati di cui sopra e poi via via gli altri fino alla Repubblica si Siena che però decise di toglierlo di torno e lo fece abbattere. I suoi resti sono stati recuperati grazie alle opere di scavo della cosiddetta archeologia medioevale e sono visibili. Sensazione strana passeggiarci dentro.

Per la seconda visita imprescindibile entriamo nella dimensione naturalistica perché stiamo parlando del Lago di Burano. L’intero lago, al quale si arriva da Capalbio Scalo ovvero nel punto più a sud della Maremma grossetana, ha una superficie di 236 ettari, è Riserva Naturale dello Stato. Al suo interno l’Oasi WWF del Lago di Burano, con accesso solo dalla Statale Litoranea, vistandola potrete entrare in contatto con la fauna e la flora di questa incantevole zona umida. Quelli del WWF organizzano anche percorsi e visite speciali per appassionati di fotografia o birdwatching, qualsiasi sia il tipo di visita non si può però scorrazzare liberi e giulivi per l’Oasi, sono previsti solo percorsi guidati. Sempre lungo il perimetro del Lago di Burano, sulla costiera, si trova una bella torre di avvistamento, datata Cinquecento, chiamata Torre del Buranaccio. Larga base quadrata per una specie di fortino, usato cme punto di sorveglianza dallo Stato dei Presidi trovandosi nella intersezione dei confini fra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, ci si può arrivare anche in passeggiata.

Come avrete notato qui vi faremmo fare tutto a piedi, sono posti talmente belli che …. orsù una sgambata fa solo bene (se è la stagione giusta) e poi la Toscana in genere andrebbe tutta 'camminata'.

Capalbio è un posto da vivere, anche intensamente, vivere tanto che poi al limite si fa un salto sulle bellissime spiagge e si gode di un sano relax. Capalbio però, lo abbiamo già detto non è solo storia e spiaggia, non è quella la strada che ha preso questo piccolo centro maremmano: Capalbio è soprattutto cultura.

Ci sono almeno due appuntamenti che dovete mettere in agenda, il primo è il 'Capalbio International Film Festival' che si svolge nel mese di luglio, è stato inaugurato per la sua prima edizione nel 1994 dal noto regista Michelangelo Antonioni ed è una delle rassegne più prestigiose dedicate al Cortometraggio; cinque le location sul territorio dove si svolgono le quattro serate di rassegna cinematografica al temine della quale giurie internazionali sempre di altissimo livello consegnano i premi della edizione. 'Capalbio Libri' si svolge nella meravigliosa Piazza Magenta, otto serate nel mese di agosto di presentazioni di libri molto VIP con artisti e scrittori molto VIP e presentatori molto VIP. Un rassegna di gran qualità in effetti con ospiti davvero eccezionali che conferma la vocazione d’elite di Capalbio.

Fatto tutto, visto chiese, palazzi, torri, ville romane, libri e film vari? Allora adesso siete liberi di farvi una bella cavalcata, cosa tipica della Maremma non di ieri o di oggi ma di/da sempre! La Maremma pullula di centri equestri, la tradizione degli spostamenti a cavallo qui rimane forte e Capalbio non è da meno. Se volete vivere la Maremma un giro a cavallo ci vuole.

Fatta la cavalcata tutti a tavola ma rigorosamente con piatti tradizionali capalbiesi, altrimenti che avete tradizionalmente cavalcato a fare se poi non mangiate tradizionalmente? Provate a farvi fare l’Acquacotta, una zuppa a base di cipolla, sedano, basilico, pomodori, pane raffermo e formaggio pecorino che è piatto tipico dei butteri di Maremma (i butteri ovvero i 'cowboy' maremmani), oppure la minestra col soffritto che è a base di lardone di maiale. Nella cucina di Capalbio ci sarebbero anche le Tagliatelle con la tartaruga e siccome l’inizio della ricetta chiede di 'spellare la tartaruga e farla a pezzi…' avete capito bene di cosa si sta parlando. Il cinghiale alla cacciatora qui è una favola. Fra le ricette 'povere' gli gnocchi incotti che, non avendo patate, i contadini di un tempo facevano con un pastone di farina, sale e acqua, oggi è considerata una prelibatezza. Come il pagnone, altro cibo capalbiese per poveri, si tratta di mettere pane tagliato a dadi in acqua bollente, raccogliere il tutto scolando l’acqua ed aggiungere olio di oliva e formaggio pecorino. Attenzione perché la cucina da queste parti è importante e se avete visto chiese, palazzi, torri, ville romane, libri e film vari ma non assaggiato le specialità locali … bhe a Capalbio non ci siete stati.

Fatto il giro a Capalbio? Piaciuta questa Toscana? E’ davvero una cosa tutta da vivere ma soprattutto ha una caratteristica particolare rispetto a molti altri piccoli centri toscani. La storia qui è protagonista ma fino ad un certo punto, Capalbio ha un suo processo e progetto di vita, voi potete visitare la Capalbio di ieri ma anche quella di oggi e non è previsto che per forza le due siano totalmente compenetrate. Capalbio ha un suo carattere, veramente tutto suo.

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