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La spada nella roccia nell’Abbazia di San Galgano
Un antico cavaliere e una spada conficcata nella roccia… Confessatelo, state pensando al mito bretone di Re Artù! Ma noi invece vogliamo raccontarvi una leggenda tutta italiana, quella legata all’Abbazia di San Galgano di Chiusdino, a circa 30 km da Siena, e al piccolo tesoro che custodisce. Che poi le due storie siano davvero collegate o meno… resterà per sempre un mistero.
Ecco la curiosa vicenda: capitò a Galgano, giovane cavaliere nato nei pressi di Siena nel 1147, di avere una visione mistica durante la quale l’Arcangelo Gabriele lo condusse, attraverso un impervio sentiero, fin sulla collina di Montesiepi dove, ad accoglierlo, trovò nientepopodimeno che i 12 Apostoli davanti ad un tempio rotondo. Galgano rimase molto turbato da quell’apparizione che interpretò come segno del volere divino, tanto da scegliere quel luogo come nuova e definitiva dimora da eremita. Una volta raggiunto questo posto solitario, abbandonò la veste di cavaliere e infisse la sua spada in una roccia, in modo tale da farla sembrare una croce: da più di ottocento anni la spada è ancora lì, come simbolo di incorruttibile conversione.
Dopo la morte di Galgano, sopraggiunta nel 1181, sui resti della sua capanna venne costruita una chiesa a pianta circolare, conosciuta oggi come Rotonda di Montesiepi, destinata a custodire la famosa ‘spada nella roccia’: all’interno della cappella sono ospitati alcuni affreschi del ‘300 che la ritraggono con dovizia di particolari.
La Grande Abbazia cistercense situata a valle, fu invece costruita parecchi anni dopo, pare tra il 1218 ed il 1220; attualmente è sconsacrata e diroccata ma comunque meta di un grande flusso turistico per lo stupore e la suggestione che, insieme all’Eremo, infonde sui visitatori.
Ma torniamo alla vera protagonista della leggenda, la spada nella roccia, e al fatto che non solo possa essere collegata alla saga di Re Artù ma che il mito fosse nato proprio in Toscana per poi essere esportato in Francia ed inserito nel ciclo arturiano. Seppure faccia sorridere, ci sono diversi elementi che avvalorerebbero questa teoria: primo fra tutti il fatto che l’Eremo cistercense di San Galgano e la scoperta della presunta tomba di Re Artù – fatto che suscitò enorme clamore in tutta Europa - risalgano allo stesso periodo storico. Va aggiunto che furono proprio i monaci cistercensi a promuovere con particolare entusiasmo la leggenda arturiana: resta da svelare chi abbia compiuto per primo questo leggendario gesto. Sarà stato il nostro Galgano che, incitato dai religiosi, volle emulare Re Artù o in effetti l’intera vicenda nacque in Bretagna arrivando poi in Toscana grazie ai monaci cistercensi?
Il mistero resta fitto… ed in fondo è meglio così, altrimenti… cosa racconteremmo?
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